Vendola candidato a Leader del PD? E' una possibilità
Riporto l'editoriale de "L'Altro" quotidiano online organico a Sinistra e Libertà. L'autore Piero Sansonetti (ex direttore di Liberazione) invita chiaramente Vendola a candidarsi alla Guida del PD.
Si è messa in moto la complicata macchina del congresso, che porterà il Pd non sappiamo bene dove. C'è la possibilità che il congresso si risolva in un rito politico, nel quale si bilanciano le forze, e si decida un assetto del gruppo dirigente in equilibrio tra ceppo democristiano (i cosiddetti walrterdemocristiani) e ceppo diessino, senza nessun dibattito, nessuna elaborazione politica. Cioè senza prendere in considerazione la questione delle questioni: come correggere la politica "blairista" che ha guidato il centrosinistra negli ultimi 15 anni, visto che questa politica è stata superata in tutto il mondo e clamorosamente sconfitta in Italia?
Se le cose andranno così vuol dire che smetteremo di occuparci del Pd. Seguiremo solo la cronaca, l'ordinaria amministrazione. Ma prenderemo atto del fatto che una grande occasione è stata perduta. Però c'è anche la possibilità che il congresso si svolga in un altro modo. Cioè che affronti le tre questioni di fondo.
1) Come rifondare il riformisno, che vuol dire come mettere all'ordine un pacchetto di riforme politiche e sociali di "sinistra", che aumentino e non contraggano i diritti, che migliorino le condizioni del lavoro, che permettano un allargamento delle libertà individuali e collettive e invertano la tendenza al proibizioismo e alla "punizione".
2) Come darsi un gruppo dirigente nuovo. Donne nuove, uomini nuovi. M a quando si dice "un gruppo dirigente" si intende un gruppo di persone che si raggruppa attorno ad alcune idee, ad un pensiero politico, ad un progetto di società. Non si può far credere che il rinnovamento sia prendere un vecchio walterdemocristiano - chessà? Franceschini - mettergli vicino una signora giovane della quale si ignora l'idea politica, e poi parlare male di D'Alema (simbolo di ogni nefandezza della politica) e il gioco è fatto.
3) Come creare un "luogo della politica" (lo chiamiamo così, con un giro di parole, per non usare il termine decrepito di "partito") dove la sinistra possa tornare a vivere e a rigenerarsi. Per rigenerarsi, la sinistra non ha bisogno di "nuovo" a prescindere. Ha bisogno di qualcosa che permetta a tante idee di entrare in relazione le une con le altre, di confrontarsi, di interagire e di superarsi, senza rinunciare alle eredità di tutti e senza pretendere che queste eredità diventino la bandiera, la certezza, la discriminante. Una sinistra che si rigeneri certamente ha bisogno anche di D'Alema, se non è una sinistra che nasce già suicida. L'unica cosa di cui non ha bisogno è il rafforzamento del vecchio partito moderato (quello, per intenderci, del Lingotto e della corsa folle e solitaria del 2008).
Potrà questa nuova sinistra affermarsi e conquistare la leadership del partito democratico, e trasformare in questo modo il partito democratico in un punto di forza per chiunque voglia costruire una alternativa a Berlusconi?
Noi siamo convinti che perché ciò avvenga serve una svolta netta e percepibile, che possa essere capita da tutti, che possa rappresentare una scossa forte. Una svolta anche nella scelta del leader, visto che la scelte del leader sarà un passaggio fondamentale di questo congresso, e avverrà attraverso le primarie, cioè il voto popolare.
Per questo avanziamo una proposta che può sembrare stravagante, ma a noi sembra sensatissima. Chiediamo a Nichi Vendola, il governatore della Puglia e attualmente il leader di "Sinistra e Libertà" di entrare direttamente nella contesa. Di entrare nel partito democratico, realizzando così un gesto largamente unitario e che rompa il vecchio Pd walterdemocristiano, e proponendosi direttamente come leader.
Se Vendola vincesse il congresso del Pd davvero sarebbe un fatto straordinariamente innovativo. Costringerebbe tutti a tornare a fare politica. Spingerebbe a mettere in secondo piano i problemi degli equilibri del ceto politico e costringerebbe tutte le correnti - interne al Pd, o ancora esterne - a misurarsi sui problemi concreti, sulle grandi scelte politiche.
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