Bertinotti: "Un nuovo partito per tutta la sinistra"
Tratto da Altre Testate, visto su Il Brigante rosso
"Bisogna far nascere un Partito nuovo della sinistra italiana, di tutta la sinistra italiana. Un partito creato da tutti quelli che oggi sono all'opposizione e che si sentono piu' o meno di sinistra, da Rifondazione all'Italia dei valori, dal Partito democratico al movimento di Vendola, dai socialisti ai Verdi, dai Comunisti italiani ai radicali". È la proposta che Fausto Bertinotti rinnova al Caffé di Rainews24, intervistato dal direttore Corradino Mineo.
Nuovo partito? No, grazie.
"Non servono alchimie organizzative - replica a distanza l'europarlamentare uscente del Pdci Marco Rizzo - serve un progetto nuovo e l'azzeramento dei gruppi dirigenti che hanno fallito. Il silenzio di Bertinotti è durato pochissimo. Dopo neanche un anno dal disastro dell'Arcobaleno eccolo chiedere la formazione di unico partito dal Pd a Rifondazione".
"Bertinotti non vede - prosegue Rizzo - che il problema è la totale mancanza di idee ed anche di comportamenti, infatti tanti come lui non vogliono mollare la poltrona, alcuni neanche dopo due sconfitte di seguito. Serve aria nuova e non assassini della politica che tornano sul luogo del delitto".
Berlinguer secondo Bertinotti.
A 25 anni dalla scomparsa di Enrico Berlinguer, per Fausto Bertinotti "la sua cifra più importante è stata quella di lavorare al rinnovamento del patrimonio comunista. Dentro questa straordinaria e ambiziosissima ipotesi politica, che lo induce al rapporto critico con l'URSS e a riflettere sui connotati di moralità della politica, c'è la necessità di dare alla storia italiana una seconda tappa del suo processo costituente superando la conventio ad escludendum nei confronti del Pci (da qui il dialogo così importante con Aldo Moro) - c'è la storia di un comunista che ha tentato di protrarre quella storia del Novecento quel ciclo che prima Praga e poi Berlino, con la caduta del muro, invece chiuderanno".
Il compromesso storico e le scelte di Berlinguer.
"Berlinguer era personalità complessa - prosegue Bertinotti - Negli anni '70 Berlinguer in uno scritto muove dalla controriforma e dal golpe cileno che mise fine all'esperienza di Allende per dire che... nel conflitto fra due dimensioni dell'Italia degli anni '70, la crescita impetuosa dei movimenti della scalata al cielo, del tentativo di cambiare tutto e l'altra, quello che Gramsci chiamava il sovversivismo delle classi dirigenti e anche della grande questione morale che covava nella Repubblica sceglie quest'ultima come questione prevalente. E tuttavia - aggiunge Bertinotti - bisogna ricordare che Berlinguer quando si chiude quella pagina, su due appuntamenti chiave dirà bene quale era la sua cifra politica: il primo, la lotta dei 35 giorni alla Fiat. Si schierò non retoricamente con i lavoratori ma ricostruendo una radice di classe per il Partito comunista rinnovato a cui pensava. E il secondo, la battaglia sulla scala mobile: pensava che il mondo del lavoro dovesse avere una forza rappresentata e organizzata come motore della rivoluzione in Occidente. Questa è la complessa figura di Berlinguer, che non può essere letta fuori dal tentativo titanico di riformare la storia comunista".
L'ultimo comunista?
"No - risponde Bertinotti a Mineo - Ma è indubbio che Berlinguer è l'ultimo grande segretario del Partito comunista italiano. Il gruppo dirigente del Pci ha una storia originale che andrà ricostruita. Bisognerà capire a fondo dove erano le radici democratiche repubblicane per cui un grande partito di massa nel pieno della sua ascesa non accede minimamente alla suggestione di 'né con lo stato né con le Br' e conduce una battaglia a fondo contro il terrorismo e per la difesa della Repubblica". Anche nella morte a Padova, durante un comizio, Bertinotti vede il "rifiuto di adeguarsi fino all'impossibile. C'è una eticità e una missione nel suo modo di concepire la politica che gli ha guadagnato il rispetto di tutto il paese".
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